Nasceva oggi, 12 giugno 1929, a Francoforte sul Meno, Anneliese Marie Frank chiamata Anna Frank simbolo della Shoah per i suoi scritti. Nel giorno del suo tredicesimo compleanno, il 12 giugno 1942 le viene regalato un diario sul quale la ragazza inizia a narrare della sua famiglia e dei suoi amici costretti a vivere da clandestini per sfuggire alle persecuzioni naziste e ai campi di sterminio. Le capitò di ascoltare una trasmissione radio di Gerrit Bolkestein – membro del governo olandese in esilio – il quale diceva che, una volta terminato il conflitto, avrebbe creato un registro pubblico delle oppressioni sofferte dalla popolazione del Paese sotto occupazione nazista e menzionò la pubblicazione di lettere e diari. Ciò spinse Anna a dedicarsi alla scrittura sia come consapevolezza che ne sarebbe stata dura testimonianza, che come cura per sé stessa nell’esorcizzare il dolore.

Il suo diario fu Pubblicato nel 1947 da suo padre Otto Frank, l’unico della famiglia sopravvissuto, ed è successivamente divenuto opera stimata in tutto il mondo e tradotto in oltre 60 lingue, rappresentando un’importante testimonianza delle violenze subite dagli ebrei. Nel 2009 l’UNESCO ha inserito il Diario di Anna Frank nell’Elenco delle Memorie del mondo, e ad oggi il manoscritto originale è conservato ad Amsterdam nell’Istituto nazionale degli archivi sulla Seconda Guerra Mondiale.

“Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora”, scriveva Anna raccontando una storia di reclusione forzata: la necessità di rimanere in silenzio, l’impossibilità di uscire, la paura di essere scoperti da un momento all’altro catturati e uccisi, il tutto contornato da sentimenti di amicizia e amore per i suoi amici. Scrivere in prima persona eventi realmente vissuti, sensazioni e riflessioni, è un mezzo liberatorio che permette un distacco momentaneo da quelle emozioni poco chiare, ambivalenti e ingestibili che rischiano di sopraffare inevitabilmente. Questo gesto curativo consente quindi di riorganizzare le proprie emozioni in un quadro spazio-temporale più ampio dando vita a un dialogo interno che funge da immersione nei colori del mondo emotivo attraversandolo tutto e andando oltre un vissuto che può provocare dolore, tristezza, rabbia, paura. La tendenza a trattenere senza sfogare produce un’implosione: soffocare dentro di sé le emozioni ha conseguenze terribili in quanto comporta che pessimismo, ossessioni e negatività non trovando via di fuga si trasformino in aggressività e nevrosi causando sintomi di depersonalizzazione e estraniazione da sé stessi, “..crollo dentro l’abisso di me stesso, verso il mio centro sepolto, infinitamente, è quasi una forma di autismo”. L’espressione del proprio malessere consente di sublimarlo, e l’arte ne offre la più grande possibilità innalzando la profonda sensibilità rendendola forza ed alleggerendo.

James W. Pennebaker, uno dei più recenti studiosi della narrazione (self-disclosure, cioè auto-rivelazione o rivelazione del Sé), ha condotto numerosi studi in merito, dimostrando che narrare consente di elaborare consapevolmente il vissuto emotivo associato ad uno o più eventi di vita stressanti. Ciò ridisegna il vissuto, donandolo di senso e inserendolo in una struttura di significato. A tal proposito ha costruito uno strumento apposito (LIWC – Indagine Linguistica e Conteggio delle Parole) rilevando che chi scrive traumi riporta nel testo sempre più parole positive e sempre meno parole negative. Gli effetti benefici riportati riguardano l’ansia, il tono dell’umore, l’elaborazione di eventi disturbanti, la riduzione delle somatizzazioni, lo stress e l’autosvalutazione; inoltre numerose ricerche hanno dimostrato che avere l’abitudine di scrivere è un fattore protettivo per la depressione e per i cedimenti del sistema immunitario, si osservano infatti, rispetto alle condizioni mediche, notevoli miglioramenti in pazienti affetti da asma cronica e artrite reumatoide. Così la penna diviene ago e ricuce gli strappi dell’anima, in una funzione terapeutica efficace, generando un effetto di “rinascita” che funge da attività di supporto nei processi di elaborazione e trasformazione.

“Quanto sarebbero buoni gli uomini, se ogni sera prima di addormentarsi rievocassero gli avvenimenti della giornata e riflettessero a ciò che v’è stato di buono e di cattivo nella loro condotta!” Anna Frank

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