“Sono stanco. Per me basta così. È ora di tornare a casa, non ho più la testa per andare avanti”. Ivan Luca Vavassori, ex calciatore 29enne partito come ‘foreign fighter’ per l’Ucraina, ha deciso di lasciare il Paese. L’ha annunciato lui stesso in una storia su Instagram, scritta in spagnolo, con la foto che ritrae un oblò e l’interno di un aereo.

“Ho fatto tutto il possibile per aiutare. Ho messo tempo e vita a disposizione del popolo ucraino, però ora è tempo di riprendermi la mia vita” ha sottolineato.

“Torno dove sono felice e torno per riprendermi tutto ciò che è mio” si legge ancora su Instagram. Poi, riferendosi a una donna: “Le cose sono cambiate molto da quando me ne sono andato, ma sono sicuro che con l’aiuto di Dio raggiungerò i miei obiettivi. E lei è al primo posto in questi”.

Nei giorni scorsi si era temuto per la sua vita: sui social era infatti apparso un messaggio preoccupante, pubblicato da una persona di fiducia a cui aveva affidato la gestione del suo profilo. “Ci dispiace informarvi che la scorsa notte durante la ritirata di alcuni feriti in un attacco a Mariupol, due convogli sono stati distrutti dall’esercito russo. In uno di questi c’era forse anche Ivan, insieme col 4 Reggimento. Stiamo provando a capire se ci sono sopravvissuti”.

Diverse ore senza avere sue notizie, poi un nuovo messaggio, postato il 25 aprile su Instagram, aveva riacceso le speranze. “La squadra di Ivan è sopravvissuta. Stanno provando a tornare, ma sono circondati da forze russe così non sappiamo quando e quanto tempo dovranno impiegarci. Nell’attacco – concludeva il messaggio serale – ci sono 5 persone morte e 4 ferite, ma non sappiamo i loro nomi.”

A confermare che il giovane fosse vivo, prima che lui stesso comunicasse di stare bene- ringraziando tutti per il supporto ricevuto- era stato il padre Pietro: “Ivan è vivo e ricoverato in ospedale con la febbre alta” aveva fatto sapere.

Dopo essere partito per l’Ucraina, Ivan aveva raccontato la sua esperienza sui social, spesso usando toni drammatici. “La nostra sarà una missione suicida perché abbiamo pochissime unità contro un intero esercito, ma preferiamo provare” aveva dichiarato. “Quel che importa è morire bene, soltanto allora inizia la vita”.

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