Partendo da un principio fondamentale costituzionale che dovrebbe regolare la parità e l’uguaglianza di ogni singolo essere umano la magistratura oggi purtroppo rappresenta col suo potere inspiegabilmente smisurato un contrappeso che spesso va contro il simbolo stesso della Giustizia che è la bilancia.

La legge è uguale per tutti? Alberto Sordi nel Suo mitico film “Tutti dentro”nel ruolo di un Giudice d’assalto alla fine viene inquisito ed arrestato dichiarando ai giornalisti “spero che almeno l’ingoustizia sia uguale per tutti”. Insomma il giudicante non rischia mai nulla per qualsiasi errore di giudizio spesso scellerato egli commetta mentre il giudicato puó rischiare un calvario che in molti casi puó stravolgergli la vita intaccando tutta una sfera sociale al contorno: aziende, operai, famiglie e tutto un mondo che ne subisce danni violenti e spesso non si è più capaci di rialzarsi e reintegrarsi.

A peggiorare questo squilibrio si aggiunge che in questo Paese non si pretende esperienza e curriculum validi ad operare su tematiche sia civili che penali importanti ma spesso si investono giovani i togati progressisti e velleitari e si mandano ad esaminare questioni che richiedono esperienza sul campo più che decennale come si fa nel mondo giudiziario anglosassone. Ed Il controllore? è sempre un collega che immancabilmente trova pezze di appoggio e giustificazioni.

E questo spalleggiarsi a vicenda ha portato al degrado del senso del dovere e quindi processi lunghi, sentenze fotocopia di altre, sentenze a parità di casi diametralmente opposte e chi più ne ha più ne metta mortificando in questo modo anche la professione degli avvocati. Allora il cittadino ha perso la fiducia in una istituzione così importante che è la Giustizia. La valutazione dell’esperienza di molti inquirenti, il colore politico e perché no le condizioni psicologiche e la personalità degli stessi dovrebbe essere un elemento imprescindibile per esercitare una professione così prestigiosa.

E quando si acquisisce la consapevolezza di essere quasi intoccabili in molti nascono ambizioni, velleità politiche perché no l’attaccamento morboso ai beni materiali e scivolare in un un costante abuso di potere e di forza incontrollabile diventa quasi automatico. Perché le sanzioni disciplinari ad un magistrato che sbaglia sono così blande e spesso insabbiate con immediato spostamento dell’attenzione mediatica? Ebbene dal 60 ad oggi la Magistratura ha attraversato non poche burrasche e spaccature frutto della diversità di pensiero e del grado di onestà dei suoi componenti ma soprattutto dagli anni 80 in poi è scivolata a gamba tesa nella politica e nell’esecutivo perdendo quei principi di terzietà, indipendenza e quello che era l’unico scopo di tutelare la Costituzione ed il popolo nei suoi diritti.

Il Giudice che dovrebbe mediare la norma con la realtà civile in mutamento ed in evoluzione si trasforma in molti casi in colui che muta la realtà artatamente per distruggere questo o quell’oppositore su commissione politica. Anche in caso di assoluzioni ci siamo spesso trovato di fronte a delle vere e proprie assoluzioni politiche. Delle vere e proprie asimmetrie giudiziarie bizzarre poi smascherate con anni di processi costosi ed inutili. Il caso Palamara ne è l’esempio emblematico di come questo cancro della Politica abbia penetrato attecchendo e smembrando l’indipendenza del Potere Giudiziario.

Mi sembra di ritornare al Medioevo quando fu introdotta una nuova figura di reato l’eresia, quindi una nuova norma di diritto sostanziale e l’introduzione di una nuova norma processuale, la possibilità di procedere senza accusatores, cioè su denuncia anonima, e l’uso della tortura fisica come strumento di ricerca della prova. Un periodo passato alla storia come quello della inquisizione che permise al potere papale di liberarsi di oppositori scomodi attraverso processi ad personam.

Ho amato le parole di Emilio Germano, presidente di sezione al Tribunale di Torino disse: “l’attività del giudice consiste in ben altro che in una semplice, arida, meccanica interpretazione della norma giuridica, perché è la vita che deve essere dal giudice interpretata, la vita in continua evoluzione”. E di Antonio Marcucci, giudice nel Tribunale di Milano: “Abolire la carriera, e con essa la struttura piramidale della professione. […] rendere il magistrato responsabile, in senso professionale. Se io impiego un anno a fare una sentenza che potevo fare in un mese devo essere chiamato a rispondere del mio comportamento e del danno che ho recato ai cittadini”.

A partire dagli anni 80 ad oggi a causa di tangentopoli, del forte scontro tra Stato e Mafia la Magistratura acquisisce un potere derivante da una grande visibilità mediatica. Molti PM escono tutti i giorni in TV presi d’assalto da televisioni e giornali e le manie di protagonismo e le ambizioni politiche in molti di essi hanno preso il sopravvento passando da decenni di sobrietà degli anni 60 ad un potere smodato ed esibizionistico.

Un Giudice è sempre prima un uomo con le sue debolezze, le sue passioni e il Suo indice di moralità. E sempre più fenomeni di protagonismo giudiziario individuale e scellerato rivelatesi poi bolle di sapone hanno macchiato la dignità di uomini innocenti che poi hanno perso tutto. Ma qual’è il risarcimento ai poveri malcapitati? Forse un esiguo e mortificante risarcimento economico con allegate scuse. E qual’è la punizione per un magistrato che sbaglia? Un cambio sede? Un rimprovero formale? Non certo una riduzione dello stipendio o una sospensione dalla attività.

Obbligare un magistrato a rispondere civilmente e penalmente dei propri errori come in tutte le professioni forse sarebbe la soluzione. Auspichiamo fiduciosi ad un ritorno al ruolo di Superpartes e di terzietà della Magistratura per ristabilire quel valore e prestigio che l’ha sempre distinta dalla sua nascita a tutela dei diritti fondamentali del cittadino e della Costituzione.

 

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