Intervista a Gianni Morandi

Come stai?
Ora bene. Ho salvato la pelle. Quello che è successo mi ha cambiato. Mi hanno salvato e ora vado avanti. Va detto che senza l’incidente non sarei andato in ospedale, Jovanotti non mi avrebbe chiamato…diciamo che ha influenzato la scelta sanremese.

Tu di Sanremo sei stato anche conduttore e direttore artistico, averlo vissuto anche dall’altra parte ti da una visione più ampia per affrontare il ritorno su quel palco?
È vero, lo ho visto in tutte le forme. Ho vinto con Enrico Ruggeri e Umberto Tozzi nel 1987 con Si Può Dare di Più. Per me è ritornare nella mischia dopo tanto tempo. Quando nel 1958 vidi Domenico Modugno cantare Volare mi venne la voglia di fare questo mestiere e ho iniziato a sognare l’Ariston. A Monghidoro c’era una tv in un bar e il Festival lo vedeva tutto il paese insieme. Tornarci è una scossa, una emozione.

Intervista a Gianni Morandi

Come vivi l’effetto Ariston?
La tremarella viene, mi immagino i cinque minuti prima che mi sudano le mani. Forse i ragazzi giovani lo sentono meno. Io che ho visto e vissuto tante esperienze so che è un momento importante. Spero ci sia mia moglie a spingermi sul palco. Mi sto preparando cantando molte volte la canzone, ha meccanismi e ritmi interni che si incastrano tra loro. Voglio essere padrone del pezzo.

Porti una canzone piena di speranza e ottimismo. Ti rispecchia?
Certo! Parla di speranza, con un ritmo che trasmette una bella carica. Spero possa piacere e divertire. A forza di credere che il male passerà sto passando io e lui resta…inizia così poi si passa alla speranza che si aprano le porte. Quando Lorenzo la ha scritta pensava a venire fuori da questa cappa che abbiamo addosso.

Dopo L’Allegria il tuo amico Jovanotti ti ha scritto Apri Tutte le Porte. Un’amicizia la vostra che va oltre la musica!
Mentre L’Allegria era jovanottiana, questa è pensata per me e dunque può avere dei riferimenti. L’Allegria è difficilissima da cantare dal vivo. Può essere che con Apri Tutte le Porte abbia pensato a me inconsciamente. Il movimento ritmico mi fa stare meglio, forse perché in passato ho cantato tante canzoni tradizionali. Stavolta volevo fare una cosa più aggiornata anche se qualcuno dice che richiama gli anni Sessanta. Lorenzo è uno sperimentatore ma va detto che nella mia carriera, non essendo autore, ho cantato di tutto. Non sono Vasco né i Maneskin ma la mia storia ha molti pezzi ritmici. Spero che piaccia. Con Lorenzo ci accomuna l’amore per lo sport: lui va in bicicletta e io vado a correre. Poi la voglia di sperimentare sempre cose nuove. La positività è un altro fatto caratteriale che ci unisce. L’amore per il rischio, fare cose sempre diverse. Condividiamo un carattere che anche nelle difficoltà cerca una via d’uscita.

Cosa si prova a essere in gara contro tuo nipote che è co-autore del brano di Tananai?
È molto bravo. Mi ha detto che c’era questa possibilità e ora ci troviamo a Sanremo.

Da ospite avresti vissuto Sanremo più serenamente?
Molto meglio in gara che non ospite. È più divertente. Sanremo merita attenzione e negli ultimi anni lo sta dimostrando. Che cosa cambia nella storia di un artista se va male? Nulla, resta un episodio. Forse una volta temevi l’eliminazione e di perdere pubblico, oggi no, quindi prendo quello che viene.

Albano ha detto che se avesse saputo della tua partecipazione e quella di Ranieri a Sanremo sarebbe venuto anche lui, anche perché avete un progetto in sospeso da anni…
Si, è vero. Da tempo si parla di un progetto a tre. Ci conosciamo da più di 50 anni. Chissà che un giorno si realizzi questo progetto. Ma quei due mi ammazzano con la voce.

a cura di P.T.

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