Nour Amdouni, il giovane arrestato per aver travolto e ucciso un bambino di undici anni a Milano il 9 agosto, fuggendo, si è dimostrato “totalmente privo di umanità e pietà in occasione del sinistro”. Così scrive il gip Fiammetta Modica nell’ordinanza di custodia cautelare che lo ha portato in carcere dopo alcuni giorni in cui era stato indagato a piede libero.

Il giovane, drogato e senza patente, si era costituito alcune ore ma ulteriori accertamenti degli agenti della Polizia locale hanno evidenziato la sua pericolosità. Da qui il carcere. E’ stato arrestato dalla polizia locale di Milano Nour Amdouni, il ventenne che lo scorso 9 agosto ha investito e ucciso Mahanad Moubarak, un bambino di 12 anni non ancora compiuti, che stava passando in bici in via Bartolini. Sul momento si era allontanato senza nemmeno frenare, salvo costituirsi alcune ore dopo. Amdouni, spiega la Procura, guidava senza patente, che non aveva mai preso, era sotto l’effetto di droga (thc) e aveva “la gamba sinistra ingessata”. E’ accusato di omicidio stradale con l’aggravante della fuga.

Amdouni, spiegano dalla Procura, andava a una velocità “non inferiore a 90 chilometri all’ora” in una zona dove il limite è di 50, in via Bartolini, quando ha investito Mahanad che veniva dalla direzione opposta. E non solo non si è fermato per soccorrerlo, ma è scappato “senza rallentare” a bordo della Smart con targa svizzera, intestata a un’azienda elvetica, “ormai gravemente danneggiata”. L’auto era stata trovata poco dopo. Amdouni si era costituito alla polstrada nelle ore seguenti dicendo che era scappato perché preso dal panico.

Secondo la procura, invece, aveva dimostrato una “allarmante freddezza” e “lucidità” “senza neppure curarsi minimamente – soltanto per umana pietà – delle sorti del ragazzino” e questo denota una “elevata pericolosità sociale” e “incapacità di autocontrollo”. E si era costituito per calcolo: essendo passato tempo non poteva essere arrestato in flagranza e costituendosi evitava un provvedimento di fermo. Da qui la richiesta della custodia cautelare in carcere proporzionata “all’estrema gravità dei fatti”.

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