giorgia meloni furiosa

Prima annuncia un accordo per affidare il ministero della Giustizia a Elisabetta Casellati, mentre l’idea di Giorgia Meloni è Carlo Nordio.

Poi rivendica di aver “riallacciato, un po’ tanto, i rapporti con Putin”, aggiungendo che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato potrebbe significare “guerra mondiale”.

Silvio Berlusconi si prende la scena e scatena un terremoto sotto i piedi di un governo che la leader di FdI, a fatica, sta cercando di far nascere, rischiando un pericolosissimo strappo. Anche perché il nuovo esecutivo dovrebbe avere una matrice dichiaratamente atlantista, incarnata proprio da un ministro di FI, Antonio Tajani, finora destinato agli Esteri.

La maggioranza si scompone, l’opposizione affonda il colpo. “L’unica cosa che può fare in più Berlusconi per non far nascere questo governo è mettere una bomba a via della Scrofa…”, è la sintesi ironica del leader di Azione Carlo Calenda, più o meno mentre il Cavaliere a fine pomeriggio posta su Facebook la foto del bacio della compagna Marta Fascina in una gelateria di Roma: “Non ho resistito ad una crepes”. A fine giornata, molti suoi stretti collaboratori si mettono le mani nei capelli scorrendo i titoli delle agenzie. Dentro Forza Italia c’è chi vive con un certo imbarazzo una situazione che già si era complicata la settimana scorsa con il caso di Licia Ronzulli, fuori dal governo ma eletta capogruppo al Senato (quello alla Camera è Alessandro Cattaneo). Tajani nel pomeriggio diserta un convegno dove era atteso. E il clima è ancora più pesante negli uffici dove Meloni ha trascorso la giornata al lavoro, fra stupore e preoccupazione all’escalation di interventi di Berlusconi, di fronte al quale la leader si trincera dietro un “freddo silenzio”. Che si affianca a quello di Salvini e della Lega.

La tregua, siglata neanche ventiquattro ore prima con il faccia a faccia in via della Scrofa, inizia a scricchiolare quando nel primo pomeriggio Berlusconi arriva a Palazzo Madama per incontrare i suoi senatori: “In Forza Italia c’è profonda amarezza perché, a parità di elettori con la Lega, il modo in cui sono stati distribuiti i collegi uninominali ci ha portato 20 deputati e 10 senatori in meno”. La richiesta di “pari dignità con la Lega” è accompagnata un paio d’ore più tardi da un rilancio sulla Giustizia: “Sarà Nordio? No, Meloni mi ha chiesto di incontrarlo, ma c’è la ex presidente del Senato Elisabetta Casellati, su questo c’è accordo, assolutamente”.

Poi, dopo l’assemblea con i deputati, aggiunge: “La Meloni ha detto di sì alla Casellati”. E parte un elenco sui forzisti ministri: “Ci saranno Tajani agli Esteri e vicepremier, Bernini alla P.a., Saccani all’Università, Pichetto all’Ambiente e alla Transizione ecologica e Casellati alla Giustizia”.

Ma Nordio resta il tecnico a cui Meloni intende affidare la Giustizia e Casellati sembra destinata alle Riforme: “Quello che i leader decideranno – chiarisce la ex presidente del Senato – a me sta bene”. Intanto l’uscita di Berlusconi è letta come una sgrammaticatura istituzionale anche secondo gli alleati. “Credo che abbia semplicemente espresso i suoi desiderata perché annunciare ministri non è solo inopportuno ma anche irrispettoso dal punto di vista istituzionale”, ammette il capo politico di Noi Moderati Maurizio Lupi.

Ben altro problema rischiano di generarlo le parole dette da Berlusconi ai deputati. “I ministri russi hanno detto che siamo già in guerra con loro perché forniamo armi e finanziamenti all’Ucraina – il ragionamento in un audio -. Però sono molto, molto, molto preoccupato. Ho riallacciato un po’ i rapporti con il presidente Putin, un po’ tanto, nel senso che per il mio compleanno mi ha mandato venti bottiglie di vodka e una lettera dolcissima. Gli ho risposto con bottiglie di Lambrusco e una lettera altrettanto dolce. Sono stato dichiarato da lui il primo dei suoi cinque veri amici”.

In serata FI chiarisce che “la posizione” del partito e del suo presidente sul conflitto ucraino e le responsabilità russe, “è conosciuta da tutti, è in linea con la posizione dell’Europa e degli Stati Uniti, ribadita in più e più occasioni pubbliche. Non esistono né sono mai esistiti margini di ambiguità”. Ma non è detto che basti a ridimensionare l’incidente.

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